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martedì 10 gennaio 2012

prossimo appuntamento

23 gennaio 2012

Presentazione del libro di Alessandra Caneva "Januae - Cronaca di un romanzo", ed. Albatros, a cura dell'Autrice con commento della dr.ssa Francesca Orlando.

Ateneo Pontificio Regina Apostolorum
Via degli Aldobrandeschi, 190 - 00163
tel. 06 / 66 54 31
info@upra.org

locandina del programma


PASSIONE DELLA SCRITTURA. VOCE DELL’ANIMA
Roma, 23 Gennaio 2012
Ore 15:00
Aula Tesi Ateneo Pontificio Regina ApostolorumVia degli Aldobrandeschi, 190

15:00 Saluto di benvenuto, Marta Rodriguez direttrice ISSD
15:15 Introduzione, Adele Ercolano coordinatrice ISSD
15:30 Ho tradotto in parole i miei sogni di carta, Carolina Carriero scrittrice e filosofa, docente Laboratorio di Scrittura ISSD
16:00 Cronaca di un romanzo,Alessandra Caneva, scrittrice e sceneggiatrice, docente laboratorio di scrittura ISSD (II edizione)16:30 Interventi: AnaCristina Villa Betancourt, responsabile Sezione Donna Pontificio Consiglio dei Laici e Francesca Orlando, psicologa e scrittrice
17:15 Archetipi e ombre nella scrittura femminile, Patrizia Mattioli, psicologa e scrittrice
17:30 Testimonianze
17:45 Saluto del Rettore e consegna dei diplomi agli studenti del Laboratorio ISSD
18:00 Rinfresco
   CRITICA PSICOLOGICA
Il personaggio del libro appare subito una personalità depressa con un’elevata considerazione di sé in risposta all’autosufficienza come percezione negativa, una forte provocarietà e aggressività associate a un atteggiamento implorante, volto a ristabilire un seppur minimo contatto. (1^porta)
L’alternanza di questi atteggiamenti, svela una forte ambivalenza anche umorale del personaggio (1^ porta: il dramma del foglio bianco alimenta un’ambivalenza di emozioni e comportamenti:dall’abbattimento alla frenesia, in un’alternanza che potremmo definire bipolare) e un evidente conflitto interiore e l’idea di un Falso Sé.  Di fronte al quale, tuttavia, riesce a gestire una discreta vita sociale, attraverso un prestigio sociale (è uno scrittore di successo). Vengono per lo più favorite esperienze cognitive più che relazionali ed emotive, dalle quali cerca di difendersi a spada tratta.
Rispetto alle relazioni intime, una personalità del genere tende a sottrarre parti di sé alla relazione intima, attraverso una modalità in autentica di incontrare l’Altro, per una costante certezza di abbandono futuro. È dunque alla ricerca di storie con basso coinvolgimento emotivo in cui la comunicazione di desideri più intimi passa per scoppi di rabbia e puro soddisfacimento di impulsi e istinti. In questo trovano ragione le relazioni con le prostitute. Verso cui svilupperà una dipendenza sessuale.
A tal proposito, la natura dell’attaccamento di una personalità dipendente oscilla tra il senso del legame e quello della separazione. Si tratta pertanto di un attaccamento difeso o evitante perché la figura principale di accudimento (il padre) è percepita come fredda, abbandonica con i correlati emotivi di separazione, distacco e perdita. Alla richiesta di aiuto non incontrerà la disponibilità della figura di attaccamento, ma addirittura il rifiuto al quale, il personaggio, attribuirà una certa responsabilità e colpa (8^ porta: aggressività del padre; 4^-12^: incubo di kafkiana memoria =>giudici che lo processano, istanza superegoica). Dall’altra parte, questi genitori richiedono efficienza e affidabilità elevate da un punto di vista  cognitivo e comportamentale durante lo sviluppo del figlio, a svantaggio quindi di uno più emotivo. Tutto ciò porta il personaggio alla necessità di riconoscimento della propria bravura agli occhi della figura di riferimento, come prova di adeguatezza personale (10^ porta: Francesco non era stimato dal padre che lo derideva per il suo modo di scrivere troppo passionale. Disprezzava e criticava la sua passionalità – temendo la propria – che non avrebbe facilitato la sua carriera).
Il fallimento empatico nella relazione genitore-bambino porta alla creazione di un oggetto transazionale difettoso e all’impossibilità di costruire relazioni oggettuali totali.
Il gioco d’azzardo, il sesso e l’alcol costituiscono oggetti parziali che permettono di creare un collante con la propria identità frammentata, illudendola di essere integra. In tal modo si inseriscono le dipendenze.
È sempre nella 10^  porta che viene spiegata dal protagonista la sua dipendenza dal gioco d’azzardo: il padre minacciava di non mantenerlo. Il denaro sarebbe stato per Francesco motivo di riscatto; se la sorte era dalla sua parte, vincendo, anche il padre si sarebbe convinto che il figlio sarebbe valso a qualcosa. Così Francesco cominciò a vincere e questo gli aumentava l’autostima, ma quando cominciò il declino iniziò a sentirsi fragile e rabbioso), quella dall’alcol (Solo l’alcol gli colmava il vuoto affettivo del padre e il confronto con gli altri) e quella sessuale (anche con le donne egli non era mai riuscito a stabilire relazioni significative, in loro vedeva la trasfigurazione sessuale del padre ed era inibito. Doveva dominare questa percezione e pagare le prostitute gli serviva per avere controllo e potere).
In particolare, la dipendenza dal gioco d’azzardo è un comportamento estremamente diffuso e socialmente accettato e offre la possibilità di sperare, all’inizio con poco, di poter cambiare la propria vita, realizzare un piccolo sogno, sfidare o interrogare la sorte, vivere un'emozione diversa.
Tecnicamente, la dipendenza dal gioco implica un'alterazione psichica originata dal disturbo del controllo degli impulsi. Gli impulsi incontrollati sono accompagnati da una forte tensione emotiva e non si lasciano influenzare dal pensiero riflessivo. Quando il dipendente si abbandona al gioco attraversa un momento di sommo piacere, a volte estatico, uno stato di coscienza completamente alterato.
L’assenza di senso di colpa viene alimentato da false razionalizzazioni, in quanto sono ragionamenti apparentemente veri ma ingannevoli (compromessi ai quali il giocatore arriva per giustificare lo scopo del suo comportamento). Come per le dipendenze da sostanze, quando il dipendente cerca di resistere all’impulso o vi si allontana per un po’, tende a provare veri e propri attacchi di astinenza percepibili sotto forma di ansietà o irascibilità, associato a turbe vegetative e disturbi del comportamento (una sintomatologia depressiva) che possono culminare nell'atto suicida.
Di solito questa dipendenza è associata da una parte ad un rifiuto ansioso nei confronti dei doveri (paura di sottostare alla disciplina dell'ordine, dello studio e del lavoro), dall'altra a meccanismi nevrotici di fuga dalla realtà.
Nel momento in cui Francesco comincia a dialogare con se stesso, attraverso il romanzo, e a venire in contatto con le parti più nascoste di sé e quelle più dolorose, inizia entrare nella relazione con la sofferenza. Dapprima è necessario l’incontro con Rebecca e la mendicante (simbolicamente rappresenta la madre buona e il femminile positivo –come la buona vecchina delle fate –che colma l’assenza della buona madre. E come accade nelle fiabe, ha un ruolo transitorio, serve per crescere incoraggiando il protagonista a intraprendere il suo cammino senza paura) , poi i poveri, la famiglia della portiera (La famiglia della portiera gli rimanda l’immagine di se stesso. Carmela si prostituisce per salvare il padre che si è indebitato con usurai) e infine con suo padre (12^ porta: la figura del padre viene ridimensionata e compresa nel fatto che, dopo la morte della moglie, fosse una persona fragile e incapace di gestire se stesso e un bambino piccolo).
L’incontro con Rebecca lo aiuta a entrare nella relazione e ad accorgersi che l’Altro è diverso da noi, ma nello stesso tempo ha molte analogie. Egli si convince  e si affida a lei, provando ad avere più stima di sé, un cammino difficile ma sicuro che lo porterà a togliersi la maschera del tempo per ritrovare il suo “istintivo sentimentalismo” (6^ porta).
* * *
Rebecca funge da figura psicoterapica al pz Francesco, ed egli dialoga con il suo Vero Sé-Claude (inconscio rivelatore).
Rebecca facilita il passaggio dalle tenebre alla luce, dalla gabbia alla libertà di essere se stessi, rimuovendo gli ostacoli. Risalendo dall’inconscio al conscio portando Francesco alla consapevolezza dei suoi vissuti. Come nel mito della caverna di Platone.
All’interno di una caverna, degli schiavi sono incatenati ad una roccia, costretti a guardare il fondo della caverna. All’esterno si erge un muretto dietro il quale camminano, nascosti, degli uomini carichi di statue, rappresentanti tutte le cose esistenti.
Dietro a questi uomini arde un fuoco che proietta sul fondo della caverna le ombre delle statue; gli schiavi costretti a guardare davanti a sé e impossibilitati a voltarsi, scambiano le ombre che appaiono all’interno della caverna per la vera realtà. Nel mondo della caverna, infatti, la conoscenza è prodotta e distribuita in maniera monologa e autoritaria, da persone invisibili ai prigionieri, che proiettano sulla parete immagini che danno un’impressione di realtà e che creano una cultura comune.
Se uno schiavo riuscisse a scappare, dice Platone, inizialmente sarebbe accecato dalla luce del sole, ma poi finalmente riuscirebbe a vedere chiaramente la verità, di cui le ombre sono solo una pallida copia. Se poi volesse tornare nella caverna per rivelare agli altri schiavi la verità, non sarebbe creduto ed anzi verrebbe ucciso.
È quanto accade nella maieutica socratica e in quella che opera lo psicoterapeuta nei confronti del paziente. Aiutare a partorire (dall’etimologia del termine) la verità, non insegnabile perché è un sapere dell’anima, il vissuto proprio di ciascuno.

Come accade quando si varca la                   JANUA COELI
Porta degli dei, un punto di passaggio e comunicazione tra Cielo e Terra, momento in cui il collegamento tra visibile e invisibile è più forte. Per esso, non solo gli dei si manifestano agli uomini, ma gli uomini potevano accedere alla dimensione ultra-terrena.
Il dio posto al passaggio della porta è Giano (Januarius-Gennaio, Janua), dio bifronte i cui due volti guardano rispettivamente al passato e al futuro, e le cui chiavi chiudono l’anno vecchio aprendo il nuovo, uno vecchio e barbuto l’altro giovane e imberbe. Porte attraverso le quali le anime scendevano nella caverna del mondo oppure uscivano, se se lo meritavano, salendo nell’invisibile.
L’uscita di Francesco è avvenuta nell’incontro con l’Altro, godendo degli aspetti più semplici e genuini senza ricercare l’affetto paterno ormai perduto.
Francesco si incammina in un nuovo mondo, attraverso le rappresentazioni e le manifestazioni di Dio, soprattutto quando cammina nel bosco. I luoghi naturali rappresentano i luoghi di passaggio, come i sentieri di montagna e quindi lo scenario di un bosco che, nella simbologia delle fiabe, consente al protagonista di addentrarsi nel mondo dell’inconscio, ancestrale, originario e naturale che ha valenze femminili. Una vera e propria rinascita. Alberi, terra,  acqua: processi vitali e di mediazione tra cielo e terra, che solo attraverso la donna (la mendicante e Rebecca) sono possibili. Come se Francesco avesse dovuto rientrare nel grembo materno per ri – uscire in quello terreno in cui incontrare Dio.
Nella chiesa della roccia, Francesco incontra Dio ma soprattutto l’Uomo sofferente che gli fa nascere il desiderio del conforto così tanto atteso. L’assoluzione del frate Claude lo rasserena, colmandogli il vuoto che aveva e dissolvendo i suoi incubi.
RESURRECTIO
Francesco e Rebecca imparano che laddove l’uomo fatica a perdonarsi, interviene la parola di Dio.
Essere uomo significa tendere a Dio. Non bisogna negare Dio per affermare se stessi.

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